Giuseppe Balbo davanti alla CABA con il cagnolino Billy
Mario Cavalla e Giuseppe Balbo – 1932
24 aprile 1932 “Dopo qualche chilometro Barcellona si annuncia col suo movimento imbarazzante. Troviamo un garage. Domandiamo ospitalità e siamo informati che comincia oggi la settimana catalonista per l’autonomia della Catalogna. Capitiamo a proposito per vedere un po’ di rivoluzione od almeno almeno qualche grande dimostrazione. Ci rechiamo subito verso il porto per cercare informazioni per il nostro passaggio verso Algeri.
Gironzoliamo sulle banchine. Su di un piroscafo sventola una bandiera ita- liana. È roba nostra. Patria. È una parola per chi non se ne è mai staccato. Per noi che l’abbiamo abbandonata “sine die” è qualcosa. Ci fermiamo a guardare. Il piroscafo si prepara a lasciare il porto. Non è una partenza in grande stile. Pochi viaggiatori. Pochi spettatori. Non salutiamo nessuno, ma salutiamo l’Italia tutta.
Ancora qualche passo sulle banchine. Marinai di tutti i lidi si appoggiano pigri alle murate. Fanno mostra dei tatuaggi raccolti chi sa dove. Sanno di avventura e li guardiamo con un po’ di invidia!”
“Ritorniamo all’ombra del monumento a Colombo. Ci sediamo ad un caffè. Mentre gustiamo un “Martini e Rossi”comincia l’animazione. Appare una bandiera. Strisce gialle e rosse. La dimostrazione per l’indipendenza della Catalogna ha inizio qui. Tanto meglio. Siam capitati bene e non ci muoviamo. Soli, a gruppi, a moltitudini, giungono bandiere e uomini, uomini e cartelloni. Ma tutti con un’aria di paese che, forse, ci disillude. Il raduno è appena cominciato e non perdiamo la speranza di assistere ad un po’ di rivoluzione.”
“Ad un tratto battimani, urla e fischi ci fanno mirare ad un punto. Un uomo a cavallo, in borghese, berretto frigio in testa, vecchiotto anziché no”.
“Mario si fa sotto a fotografarlo. Il vecchio gli fa un saluto militare. Il cameriere ci spiega essere l’uomo a cavallo l’unico superstite delle guerre d’Africa del’70. Questo a dimostrare che tutti i partiti della Catalogna festeggiano l’indipendenza. Senza parzialità se la merita ! Perché l’attività di questa popolazione è al pari di quelle delle altre nazioni e la ribellione nascosta verrebbe in chiaro solo dal fatto che i più parlano in catalano. Si domanda in spagnuolo–bordigotto–franco– piemontese. Si risponde in catalano. Hanno completa coscienza e non tollerano che il resto della Spagna abusi del loro lavoro e della loro produzione. La dimostrazione che ha avuto inizio alle undici si svolge piuttosto lentamente. Ad una ad una giungono le bandiere di tutti i partiti. Verso l’una le bandiere sono nugoli, gli uomini diventano moltitudine. Adagio si forma il corteo. Noi ne abbiamo abbastanza dell’integrità dello statuto catalano. Pensiamo sia meglio recarci a provvedere all’integrità del nostro stomaco.”
6 maggio 1932 “Domani dobbiamo partire. Naturalmente cominciamo i preparativi. Prima però ci alleniamo all’Africa. Così dice Mario. Incantiamo il serpente.”
Balbo e Cavalla incantano il serpente
“La Caba è a bordo. Tutte le complicate manovre descritteci dall’agente consistevano poi in un breve lavoro di una gru elettrica e di quattro uomini. La macchina viene assicurata sopra coperta e noi ci troviamo finalmente in cammino per un continente da cui ci attendiamo non poche sorprese. Un carico di banane fa tardare la partenza fino alle undici. Siamo chiamati a tavola.”
“Mentre il piroscafo esce e manovra lentamente, consumiamo una colazione non eccellente. Improvvisamente scosse che da leggere vanno sempre aumentando ci annunciano che abbiamo preso il largo. Per prudenza saliamo sopra coperta. La costa va sempre più allontanandosi. Le onde si trastullano con l’España. Io comincio a sentire la testa farsi pesante. Mi ritiro in cuccetta. Inauguro il sacchettino. Prevedo che il viaggio non sarà per me di piacere. Anche gli altri passeggeri faranno come me. Il mare è brutto. Io ormai non abbandono più la cuccetta. Mario va a cena. L’orario di arrivo è alle sette. Ma a quell’ora siamo ancora ben lontani da Algeri.”
“All’una del pomeriggio Mario mi viene ad avvertire che l’Africa si profila all’orizzonte. Salgo sopra coperta.”
Balbo vede per la prima volta l’Africa
Balbo e Billy
“Appena l’España si è attraccata, un nugolo di arabi o meglio di indigeni è sul ponte. Le facce bronzee di quella gente si distinguono fra gli stracci che a loro servono come vestito. Ve ne sono di tutte le età. Non si sa come abbiano fatto ad arrivare sul ponte. In pochi minuti ogni passeggero si vede attorniato da tre o quattro di questi individui che gli strappano valigie, pacchi, offrendogli, in un amicale francese, i più disinteressati servigi. Anche noi subiamo la sorte degli altri passeggeri. Veniamo assaliti da due o tre tipi. Ce ne sbarazziamo di qualcuno. Uno resta. Non sappiamo come ha fatto. È informato che la macchina grigia è nostra. Non ci lascia respiro. Rifiutiamo i suoi servigi ma egli non ci rifiuta la sua compagnia.
“Come ti chiami?”
“Mohamed”
“Maumetu”
“Oui, c’est la même chose. Alors, misiù, ti veut debarqué la machine ? Vien avec moi ! »
Invece di andare noi con lui, è Mohamed che ci segue passo passo. Rispettoso, avanza ogni tanto un’informazione. Nel mentre si procede allo sbarco della macchina. La Caba, imbragata, viene scesa sul pontone, e di là passata sul molo. Una folla attornia la macchina. Ci si domanda se è una spedizione di caccia, scientifica. Rispondiamo a casaccio.”
La CABA arriva ad Algeri
“Ultimate le operazioni di polizia e di dogana Mario si mette al volante. Io al suo fianco. Mohamed ci accompagna sul predellino. Dall’algerino ci facciamo accompagnare ad un serbatoio di benzina. Attraversiamo così parte della città.”
Algeri 1932
“Belle strade, palazzi moderni, molto traffico. Facciamo qualche provvista, e prima di lasciare Algeri regoliamo il nostro debito verso la guida. È tutta un’operazione di alta finanza. Discussioni. Sulla base di dieci franchi Mohamed protesta indignato. Saliamo a quindici. Lo salutiamo. Lui resta. Vuole i soldi per il tramway. Ce ne liberiamo a diciassette.”
“Attraversiamo i sobborghi di Algeri. Appena in aperta campagna guidiamo la macchina nel mezzo di una piazzola a lato della strada. Il digiuno forzato che abbiamo fatto durante la traversata ci ha lasciato un appetito formidabile.
Il primo tramonto africano ci mette entusiasmo. Caldo e vaporoso è molto diverso da quelli che conosciamo ma non ancora come ci aspettavamo. Da ogni parte estensioni di campagna coltivata. La vegetazione rigogliosa e densa contrasta con gli arabi macilenti e sporchi che di quando in quando passano lentamente, appena degnando di un obliquo sguardo curioso la nostra vettura.”
Si riparte
© Archivio Balbo 2018
Tutte le foto sono di Mario Cavalla e Giuseppe Balbo © Archivio Balbo
Per la biografia completa di Giuseppe Balbo : www.giuseppebalbo.it
Nel prossimo post: il reportage fotografico di Giuseppe Balbo in Algeria