Marco Balbo scrive :
Ho scoperto questo primo autoritratto di Balbo per caso; è nel refettorio della chiesa di Terrasanta, su una tavola di legno che riutilizzerà nel 1930 per dipingere un ex voto, la morte di San Giuseppe, in occasione della sua partenza con Mario Cavalla per l’Africa.
E’ un esperimento giovanile, un po’ accademico, abbozzato, uno studio di quando era allievo di Marchisio, poco più che ventenne. Si atteggia ad uomo, fuma una delle sue prime sigarette, un pretesto per il virtuosismo della fiammella, e del riflesso sugli occhiali. Ancora giovane, dimostra già di voler raccontare una storia nei suoi quadri: è in studio, con indosso un camiciotto da pittore e sul fondo una statuetta anatomica che lo accompagnerà nel corso degli anni, un simbolo del mestiere da affrontare, ed un espressione risoluta, la scelta di un percorso di vita.
1927
L’immagine che vuole dare di sé diventa più eroica nel ’27, influenzata dal levigato espressionismo dello scultore Adolfo Wildt. È un gesso alto circa 40 cm, che verrà poi fuso in bronzo nel ’72, insieme alle teste di Monet e Marchisio, dove la figura si disincarna, diventa un simbolo, un ideale.
1930
Ma la dichiarazione di “mestiere” ritorna prepotente nel 1930. la sigaretta è già accesa, lui è il centro dell’immagine, non c’è altro. La presa di posizione è nel cappello di giornale, da muratore, che ha poi sempre usato per i lavori di scultura negli anni a venire. Lo sguardo non è più di sfida, è attento, compreso nel suo ruolo, sono gli occhi dell’artista che si guarda dentro.
1942
Passano gli anni africani, ha altro da guardare. Non fa più autoritratti fino alla vera svolta della sua vita, la prigionia. Il suo mondo è cambiato, si ritaglia in un angolino della baracca il suo “atelier”, vicino al letto da campo, col rudimentale deschetto costruito con materiali e strumenti di fortuna, dove lavora e studia. Nel ’42 è un altro uomo, sopravvissuto alla guerra, che ha perso le certezze e le illusioni. L’autoritratto è in controluce, sullo sfondo una figurina appena accennata e una luce intensa, soprannaturale. Ci sono somiglianze con il busto del 27, anche se sono due opere diametralmente diverse, le vene sulla fronte, lo sguardo buio.
1950
Nel ’46 ritorna a Bordighera, torna alla vita. Si immerge nell’insegnamento e dà vita a importanti manifestazioni artistiche. Il Mestiere ritorna ancora nel 1950. si ritrae con la tavolozza nella destra, e con l’altra mano fa un gesto misterioso, non ha pennello, dipinge forse con le dita. Lo sguardo è indagatore, si guarda allo specchio e si interroga.
È un uomo ed un artista maturo, non avrà più modo di interrogarsi, fino all’ultimo anno della sua vita. Si ritrae a matita, è vecchio, malato, indugia impietoso sulle sue rughe, ha negli occhi il rimpianto, avrebbe ancora tanto da fare.
1979
© Archivio Balbo 2018
Per la biografia completa di Giuseppe Balbo : www.giuseppebalbo.it
Nel prossimo post: STUDI del 1943